Un giorno senza uomini: e se provassimo a immaginare davvero?
Qualche anno fa, Feminist next door (@emrazz) ha lanciato una provocazione diventata virale: "Donne, immaginate che per 24 ore non ci siano uomini nel mondo. Nessun uomo viene danneggiato nella creazione di questa ipotesi. Torneranno tutti. Sono al sicuro e felici ovunque si trovino durante questo periodo ipotetico. Cosa fareste o potreste fare quel giorno?". Le risposte sono state un fiume in piena: camminare da sole di notte senza paura, indossare ciò che si desidera senza timore di commenti, prendere i mezzi pubblici a qualsiasi ora, semplicemente occupare lo spazio pubblico con una leggerezza sconosciuta.
Questo esperimento mentale, apparentemente semplice, apra una voragine di riflessione per noi uomini. Quante volte ci siamo chiesti cosa significhi realmente vivere in un mondo dove la propria libertà è costantemente negoziata, dove ogni scelta, anche la più banale come una passeggiata serale, è ponderata in base a un potenziale rischio?
Il Privilegio dell'Inconsapevolezza: Lo Spazio Visto da Noi
Per molti uomini, il senso di oppressione e controllo sociale esercitato dal patriarcato sulle donne, sui loro corpi e sulla loro libertà di movimento è difficile da cogliere nella sua pervasività. Non perché siamo intrinsecamente insensibili, ma perché spesso siamo immersi nel privilegio dell'inconsapevolezza.
Le nostre città, i parchi che attraversiamo distrattamente, gli uffici in cui lavoriamo, le piazze che animiamo la sera: per noi, questi sono spesso spazi neutri, luoghi di opportunità o al massimo di anonimato. Raramente la nostra percezione è modellata da una minaccia latente, da un giudizio sospeso sull'adeguatezza del nostro abbigliamento o del nostro comportamento, dalla necessità di calcolare percorsi "sicuri" o di evitare certi orari.
Proviamo a pensare:
- Quante volte, tornando a casa la sera, abbiamo accelerato il passo sentendo dei passi dietro di noi, temendo per la nostra incolumità fisica a causa del nostro genere?
- Quante volte abbiamo rinunciato a un'uscita, a un evento, o a un certo tipo di abbigliamento per paura di molestie o commenti non richiesti?
- Quante volte ci siamo sentiti "fuori posto" o abbiamo percepito uno sguardo giudicante semplicemente per il fatto di essere in un certo luogo, in un certo momento?
Per molte donne, queste non sono domande retoriche, ma esperienze quotidiane. La pressione del patriarcato si manifesta proprio in questo: nel limitare l'accesso allo spazio fisico e simbolico, nel trasformare luoghi potenzialmente neutri in arene di giudizio, aspettativa e, nel peggiore dei casi, di violenza potenziale o reale.
Tempo, Spazio e Identità: Il Contenitore della Libertà
Il tempo che viviamo e lo spazio che abitiamo non sono semplici coordinate neutre, ma il vero e proprio contenitore all'interno del quale si forma e si esprime la nostra identità, sia come individui che come collettività. Le esperienze che facciamo, le relazioni che intessiamo, le opportunità che cogliamo o che ci vengono negate, sono intrinsecamente legate alla nostra capacità di accedere e muoverci liberamente e con sicurezza nei tempi e negli spazi della vita comune.
Quando l'accesso a questi tempi e spazi è limitato, condizionato, o gravato dalla costante presenza di un giudizio o di una minaccia, anche potenziale, la possibilità stessa di costruire un'identità autentica e di partecipare pienamente alla vita sociale viene compromessa. Per le donne, questo significa che non può esistere una piena libertà, una vera autodeterminazione, finché ogni angolo della città, ogni ora del giorno e della notte, ogni interazione sociale non sarà vissuta con la stessa serenità e sicurezza che molti uomini danno per scontata. La libertà di essere sé stesse passa imprescindibilmente dalla libertà di abitare il mondo senza dover costantemente negoziare la propria presenza o temere per la propria incolumità.
Il Patriarcato: Una Gabbia Anche Per Noi
È fondamentale comprendere che questa dinamica non danneggia solo le donne. Il patriarcato, con le sue aspettative rigide sui ruoli di genere, con la sua enfasi sulla dominanza e sulla soppressione delle emozioni, è una gabbia che opprime tutti e tutte.
Riconoscere la differente percezione dello spazio e della sicurezza è il primo passo per smantellare questa gabbia. Significa:
- Ascoltare attivamente: Dare credito alle esperienze delle donne, senza minimizzarle o metterle in discussione.
- Auto-riflettere: Esaminare i nostri privilegi e i modi in cui, anche inconsapevolmente, contribuiamo a mantenere lo status quo. Chiederci come le nostre azioni e le nostre parole possono influenzare la percezione di sicurezza altrui.
- Educare noi stessi e gli altri: Imparare a riconoscere le dinamiche del potere e del controllo, e sfidare attivamente commenti, battute o comportamenti sessisti e misogini nel nostro quotidiano.
- Diventare alleati attivi: Non basta non essere il problema; è necessario essere parte della soluzione. Significa intervenire quando assistiamo a ingiustizie, sostenere le voci delle donne, promuovere una cultura del rispetto e del consenso.
Liberarci Insieme
L'esperimento mentale di "un giorno senza uomini" non è un attacco al genere maschile, ma un invito potente a vedere il mondo con occhi diversi. È un'opportunità per noi uomini di sviluppare un'empatia più profonda e una consapevolezza critica del sistema in cui siamo immersi.
Lavorare per far emergere questa consapevolezza non è solo un atto di solidarietà verso le donne, ma un passo cruciale per la nostra stessa liberazione. Un mondo in cui le donne sono libere di muoversi e di essere sé stesse senza paura è un mondo in cui anche gli uomini sono liberi dalle catene di una mascolinità tossica e limitante.
Costruire questa consapevolezza, a partire da noi stessi, significa contribuire a una società dove lo spazio, fisico e simbolico, sia veramente un luogo di libertà e rispetto per tutti e tutte.