Volendo veramente "andare oltre la violenza", abbiamo bisogno di concetti utili a decifrare le complesse dinamiche della mascolinità e la sua relazione con la violenza di genere. Uno di questi contributi fondamentali ci viene da Jackson Katz, educatore e attivista statunitense, noto per il suo lavoro sulla prevenzione della violenza maschile. Il titolo di uno dei suoi libri più influenti, "The Macho Paradox: Why Some Men Hurt Women and How All Men Can Help" (Il Paradosso del Macho: Perché alcuni uomini feriscono le donne e come tutti gli uomini possono aiutare), racchiude in sé una verità tanto scomoda quanto illuminante.
Ma qual è, dunque, questo "paradosso del macho" di cui parla Katz? In superficie, l'immagine del "macho" è quella dell'uomo forte, dominante, assertivo, sempre in controllo, che non mostra mai paura o debolezza, che incarna la virilità tradizionale nella sua espressione più stereotipata. È l'uomo che non deve chiedere mai, che risolve i problemi con la forza se necessario, che si impone. Il paradosso, come Katz brillantemente evidenzia, risiede nel fatto che questa ostentazione di forza e invulnerabilità è spesso, se non quasi sempre, una maschera. Dietro la corazza del macho si cela frequentemente un uomo profondamente insicuro, spaventato, ansioso riguardo alla propria adeguatezza maschile, terrorizzato dal giudizio altrui e dalla possibilità di apparire "debole" o "inferiore" agli occhi degli altri uomini e delle donne.
L'iper-virilità, con tutte le sue manifestazioni – l'aggressività verbale e fisica, la postura da duro, la misoginia, l'omofobia, la necessità di dominare e controllare gli altri, specialmente le donne – diventa quindi una sorta di meccanismo di difesa ipertrofico. È uno scudo eretto per proteggere un nucleo interiore percepito come fragile e vulnerabile. Più un uomo si sente insicuro riguardo alla propria mascolinità, più potrebbe sentire il bisogno di "recitare" il ruolo del macho, esagerando quei tratti esteriori che la società ha etichettato come "virili". È come se dicesse al mondo (e a sé stesso): "Vedete? Sono forte, sono potente, non ho paura di niente", sperando che nessuno scorga le crepe nella sua armatura.
Questa dinamica è profondamente radicata nelle aspettative sociali che gravano sugli uomini fin da piccoli. La pressione a conformarsi a un ideale di mascolinità egemonica, che svaluta l'empatia, la vulnerabilità e l'espressione delle emozioni (diverse dalla rabbia), spinge molti a costruire questa facciata. L'insicurezza può derivare da molteplici fattori: esperienze passate, bullismo, la sensazione di non corrispondere agli standard fisici o caratteriali imposti, la paura del fallimento. Invece di affrontare queste insicurezze in modo costruttivo, magari attraverso il dialogo, l'introspezione o il supporto psicologico, il "macho" sceglie la via della performance iper-mascolina.
Le conseguenze di questo paradosso sono deleterie. Per gli uomini stessi, significa vivere una vita di costante tensione, recitando un ruolo che li allontana dalla propria autenticità emotiva e che impedisce relazioni profonde e significative. Significa spesso solitudine, incapacità di chiedere aiuto, e un perenne stato di allerta per difendere la propria immagine. Ma le conseguenze più gravi ricadono sugli altri, in particolare sulle donne. L'uomo intrappolato nel paradosso del macho, per mantenere la sua illusione di controllo e potere, può facilmente ricorrere alla svalutazione, all'intimidazione, al controllo coercitivo e, nei casi peggiori, alla violenza fisica e sessuale. La violenza diventa uno strumento disperato per affermare una mascolinità che si sente costantemente minacciata dall'interno. Se una donna sfida la sua autorità, mette in discussione il suo controllo, o semplicemente afferma la propria autonomia, il "macho" può percepirlo come un attacco intollerabile alla sua precaria identità virile, reagendo in modo sproporzionato e violento.
L'Altra Faccia del Paradosso: la Forza dell'Autenticità
Tuttavia, il paradosso del macho ha anche un rovescio della medaglia, una chiave di lettura che apre a scenari di cambiamento e benessere. Se l'iper-virilità è una corazza per l'insicurezza, ne consegue che gli uomini che hanno un rapporto più sereno e sicuro con la propria mascolinità non sentono il bisogno di ricorrere a tali ostentazioni. Non sono obbligati a rispettare pedissequamente standard esterni e spesso irraggiungibili di "virilità", perché la loro autostima e il loro senso di identità non dipendono da una performance esteriore, ma da una più profonda consapevolezza di sé.
Questi uomini, che potremmo definire "autenticamente maschili" o semplicemente "uomini sicuri di sé", non temono di mostrare la propria vulnerabilità, perché sanno che essa è parte dell'esperienza umana e non un segno di debolezza. Non hanno bisogno di dominare per sentirsi validati, né di sminuire gli altri (in particolare le donne) per elevare sé stessi. La loro forza non risiede nella capacità di incutere timore o di controllare, ma nella coerenza interiore, nell'empatia, nella capacità di costruire relazioni paritarie e rispettose. Non sentono la pressione di dover costantemente "dimostrare" la propria virilità attraverso comportamenti aggressivi o competitivi all'eccesso, perché sono in pace con chi sono.
Abbracciare questa strada, quella di una mascolinità più autentica e meno performativa, comporta enormi vantaggi, sia per sé stessi che per gli altri. Per sé stessi, significa liberarsi dal peso costante della recita, dalla paura del giudizio, dallo stress di dover sempre corrispondere a un ideale. Significa poter esprimere l'intera gamma delle proprie emozioni, costruire relazioni più intime e significative, e vivere una vita più piena e soddisfacente. Significa, in sostanza, essere più liberi.
Per gli altri, e in particolare per le donne, la diffusione di questo modello di mascolinità più sicura e rispettosa si traduce in una drastica riduzione del rischio di subire comportamenti controllanti, svalutanti o apertamente violenti. Un uomo che non ha bisogno di dominare per sentirsi tale è un partner, un amico, un collega, un padre migliore. È un uomo capace di ascolto, di dialogo, di collaborazione, di cura. È un uomo che vede la parità di genere non come una minaccia, ma come un arricchimento per tutti.
Comprendere il "paradosso del macho" in tutte le sue sfaccettature è fondamentale per chiunque voglia seriamente contribuire a smantellare la cultura della violenza di genere. Ci mostra che la violenza maschile non è semplicemente una questione di "mele marce", ma è spesso legata a una costruzione sociale della mascolinità che produce insicurezza e paura, mascherate da aggressività. "Andare oltre la violenza" significa quindi anche aiutare gli uomini a smascherare questo paradosso dentro di sé, a riconoscere e accettare le proprie vulnerabilità non come un segno di debolezza, ma come parte integrante dell'esperienza umana. Significa costruire e promuovere modelli di mascolinità basati sull'autenticità, sull'empatia, sul rispetto e sulla forza interiore, anziché sulla fragile e pericolosa corazza del macho. Solo così potremo sperare di spezzare il ciclo che lega l'insicurezza maschile alla violenza contro le donne e costruire una società dove ogni individuo possa prosperare.
Il libro "The Macho Paradox: Why Some Men Hurt Women and How All Men Can Help" di Jackson Katz rappresenta per me una fonte di ispirazione e un testo fondamentale per comprendere le dinamiche della mascolinità e la loro connessione con la violenza di genere. Poiché, al momento della stesura di questi articoli (Maggio 2025), il libro non risulta disponibile in traduzione italiana, ho scelto di presentarne e discuterne spesso i contenuti in questo blog. Il mio intento è quello di rendere accessibili riflessioni che ritengo cruciali per il percorso di consapevolezza che "Uomini Oltre la Violenza" si propone di esplorare.