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Aborto: corpi, relazioni e responsabilità

Perché gli uomini non possono più essere i grandi assenti

Nel dibattito sui diritti riproduttivi e sul corpo femminile, c'è una voce che risuona con una chiarezza disarmante, invitandoci a un cambio di prospettiva tanto radicale quanto necessario. È la voce di Gabrielle Blair, madre di sei figli e mormone, che nel 2018 con un tweet diventato virale ha scosso le fondamenta di molte convinzioni: "Ho ascoltato gli uomini pontificare sui diritti riproduttivi delle donne, e sono convinta che gli uomini in realtà non abbiano alcun interesse a fermare l'aborto. Ecco perché…"

Queste parole offronoo uno spunto cruciale per riflettere sul ruolo maschile nelle questioni che riguardano il corpo e l'autodeterminazione femminile. Per troppo tempo, la discussione si è concentrata quasi esclusivamente sulle donne, sulle loro scelte, sui loro corpi, lasciando gli uomini ai margini, o peggio, nel ruolo di chi pretende di decidere per altri. È ora di cambiare paradigma.

"Gli uomini sono responsabili al 100% delle gravidanze indesiderate"

Il fulcro dell'argomentazione di Gabrielle Blair, sviluppata in un lungo e dettagliato thread, è tanto semplice quanto potente: se si vuole seriamente ridurre il numero di aborti, bisogna prevenire le gravidanze indesiderate. E, secondo lei, la responsabilità di queste gravidanze ricade interamente sugli uomini. Blair sottolinea dati biologici incontrovertibili: una donna è fertile solo per pochi giorni al mese, per un numero limitato di anni. Un uomo, al contrario, può causare una gravidanza 365 giorni all'anno, per gran parte della sua vita.

"Se gli uomini non vogliono causare gravidanze", argomenta Blair, "hanno il controllo completo su questo. Possono scegliere di non eiaculare, o di eiaculare in luoghi dove la gravidanza è impossibile". La sua tesi prosegue evidenziando come la maggior parte dei metodi contraccettivi abbia effetti collaterali significativi per le donne, mentre per gli uomini le opzioni (preservativo, vasectomia) sono più semplici e con minori impatti sulla salute.

La sua conclusione è netta: se gli uomini fossero veramente preoccupati di ridurre gli aborti, si concentrerebbero sulla propria responsabilità contraccettiva e sul prevenire le eiaculazioni "irresponsabili". Invece, spesso il dibattito si arena sul controllo del corpo femminile.

Restituire l'autonomia alle donne, chiamare in causa gli uomini

Il punto sollevato da Blair è fondamentale per due ragioni interconnesse:

  1. Restituire autenticamente alle donne l'autonomia sul proprio corpo: l'autonomia femminile non può essere piena e reale finché il peso della prevenzione delle gravidanze e le conseguenze di una gravidanza indesiderata ricadono quasi esclusivamente sulle donne. Quando la discussione si sposta sulla responsabilità maschile, si inizia a liberare spazio perché le donne possano esercitare la propria autodeterminazione senza il fardello di una responsabilità imposta e non equamente condivisa. Significa riconoscere che la decisione su una gravidanza e sull'eventuale interruzione spetta unicamente alla donna, proprio perché è il suo corpo, la sua vita, ad essere coinvolta in modo preponderante.
  2. Portare all'interno della discussione i grandi assenti: gli uomini. Ma attenzione: non come decisori del destino delle donne, bensì come persone chiamate ad assumersi le proprie responsabilità. Questo significa educare i ragazzi e gli uomini sull'importanza del consenso, certo, ma anche sulla contraccezione, sulla fertilità maschile, sulle conseguenze delle proprie azioni sessuali. Significa promuovere una mascolinità che non vede la contraccezione come "un problema da donne", ma come una responsabilità condivisa, se non addirittura prioritaria per chi può causare una gravidanza in ogni momento.

Da "decisori" a "responsabili"

Il cambiamento di prospettiva che le parole di Gabrielle Blair catalizzano, è quello che vede gli uomini passare da una posizione di presunto controllo o giudizio sulle scelte femminili, a una di attiva e consapevole assunzione di responsabilità.

Questo implica:

  • Informarsi e dialogare: Comprendere appieno il funzionamento del proprio corpo e di quello altrui, parlare apertamente di sesso, contraccezione e desiderio con i partner.
  • Utilizzare metodi contraccettivi maschili: Considerare il preservativo non come un fastidio, ma come uno strumento di rispetto e responsabilità. Valutare opzioni a lungo termine come la vasectomia, se appropriato per la propria situazione di vita.
  • Sostenere l'autonomia delle partner: Rispettare incondizionatamente le decisioni delle donne riguardo al proprio corpo e alla propria salute riproduttiva, senza coercizione o pressione.
  • Essere alleati: Sfidare attivamente le narrazioni che colpevolizzano le donne o che minimizzano la responsabilità maschile.

Se ti sembra assurdo: un gap culturale da colmare

Se sei un uomo e, leggendo queste riflessioni, provi un senso di fastidio, incredulità o pensi che tutto ciò sia "assurdo" o "esagerato", fermati un momento. Questa reazione potrebbe essere la spia di un gap culturale e cognitivo profondo. Per decenni, secoli persino, le discussioni sulla riproduzione, la contraccezione e l'aborto hanno visto gli uomini non semplicemente come "assenti", ma come figure quasi invisibili quando si tratta di assumersi una quota di responsabilità diretta e proattiva.

Perché un uomo potrebbe faticare a immaginarsi coinvolto in prima persona, anziché come giudice esterno delle scelte altrui?

  • Condizionamento sociale: Siamo cresciuti in una cultura che ha quasi sempre relegato la gestione della fertilità e della contraccezione al "mondo femminile". Quante volte hai sentito parlare di "pillola per lei" e quante di "responsabilità contraccettiva maschile" al di là del semplice uso del preservativo, spesso vissuto più come protezione dalle malattie che come strumento per evitare gravidanze indesiderate?
  • Mancanza di narrazioni alternative: I modelli maschili proposti raramente includono una riflessione attiva sulla paternità responsabile prima del concepimento. L'uomo è spesso rappresentato come colui che "mette incinta", quasi fosse un evento passivo o inevitabile, e non come un attore che ha potere decisionale e responsabilità preventiva.
  • Il privilegio dell'invisibilità: Non vivere sulla propria pelle le conseguenze fisiche di una gravidanza, il peso degli effetti collaterali dei contraccettivi ormonali femminili, o il trauma di un aborto, può rendere difficile comprendere appieno la portata della questione e, di conseguenza, il proprio ruolo. È più facile restare "esterni" quando non si è direttamente toccati.
  • L'abitudine a decidere, non a condividere la responsabilità: Storicamente, in molte culture, agli uomini è stato concesso un ruolo decisionale (spesso implicito) anche sul corpo femminile. Spostare il focus sulla responsabilità maschile significa rimettere in discussione questo schema, e per alcuni può risultare destabilizzante, quasi fosse una diminuzione del proprio "potere" anziché un'assunzione di un dovere etico.
  • La contraccezione vista come "ostacolo" al piacere: Purtroppo, persiste ancora l'idea che la contraccezione maschile, in particolare il preservativo, sia primariamente una scomodità o una riduzione del piacere, anziché un atto di cura e responsabilità verso la partner e verso una potenziale vita.

Riconoscere questo gap non è una colpa, ma un'opportunità. È l'occasione per gli uomini di uscire dall'ombra dell'invisibilità o dal ruolo scomodo dell'osservatore giudicante, per diventare protagonisti attivi di un cambiamento positivo. Significa capire che la prevenzione delle gravidanze indesiderate non è solo "un affare da donne", ma una questione che riguarda profondamente anche la sfera di azione e responsabilità maschile.

Affrontare questi temi con onestà e coraggio è un passo fondamentale per costruire relazioni più eque e rispettose, e una società dove la violenza, in tutte le sue forme, inclusa quella di genere e la negazione dell'autodeterminazione, trovi sempre meno spazio. Il dibattito sull'aborto non riguarda solo le donne; è tempo che gli uomini facciano la loro parte, partendo dalla propria responsabilità.

So che non è facile avviare certe conversazioni, ma proviamoci. CONDIVIDI l'articolo!
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